La letteratura della FLORA dell'isola d'Ischia


Studi e ricerche che hanno messo in evidenza il caratteristico patrimonio vegetale
atto a determinare l'appellativo sempre valido di "Isola verde"

a cura di Raffaele Castagna

La flora, cioè il complesso delle specie vegetali, presenta aspetti diversi nelle varie aree della superficie terrestre, dando luogo a paesaggi ben determinati. Tale diversità è dovuta alle condizioni fisiche dell'ambiente, cui le piante possono adattarsi.
I fattori ecologici che hanno influsso nella distribuzione delle piante sono soprattutto il clima, il suolo, le piante stesse, gli animali e l'uomo.
Mettendo a confronto le molteplici aree dei singoli gruppi vegetali, si delimitano sulla superficie terrestre dei territori comuni a molti di essi, cui si dà il nome di regioni floristiche, fra le quali annoveriamo quella detta macchia mediterranea, che si estende tutt'intorno al mar Mediterraneo.
In genere le specie vegetali possono essersi stabilite in un luogo da tempo antichissimo, essersi sviluppate sul posto per mutazioni o mescolanze di specie autoctone con quelle immigrate o infine per esservi pervenute e conservate per migrazione naturale o per l'opera dell'uomo.
L'isola d'Ischia anche sotto questo aspetto naturale ha sempre offerto caratteristiche proprie, suscitando l'attenzione di quanti ne hanno parlato per altre situazioni, come quelle storiche e termali. Sicché già Giulio Iasolino, autore del De' Rimedi naturali che sono nell''isola di Pithecusa hoggi detta Ischia (1588), non poté fare a meno di soffermarsi, sia pure brevemente, su queste circostanze: "Contiene... bellissimi giardini e copia di soavi e delicati frutti, vini perfetti di più forti. Si vede anco in quella gran copia di cedri, aranci e limoni. Anche Giovanni Elisio nel suo libro che scrive de' Bagni di Terra del Lavoro, dice che l'isola d'Ischia è abbondante e ferace di diversi frutti, di eccellentissimo grano e vino generoso". La zona "dal borgo detto Celsa infino al casale di Barano e Campagnano, luoghi mediterranei, si vede tutta verdeggiante, amena e piena di bellissimi giardini e vigne e deliziosi castagneti". "I monti a torno e soprastanti al lago, detti delle fosse, sono verdeggianti e odorano di mortella e lentisco". Di Forio (Forino, Fiorio) Iasolino dice che è "bello di sito, abbondantissimo di vini e di frutti eccellenti". Il casale di Panza, inoltre, è "uno delli più belli siti di tutta l'isola, abbondante di bonissimi frutti e vini di eccellenza, ma quelli del Ciglio dell'istesso casale sopra tutti già. Tal che questo casale e Fiorio danno grassa di vini a Roma e a molti altri luoghi del Mediterraneo". Il piano detto de' Liguori è "luogo delizioso e produce frutti e vini eccellenti: vi sono amenissime selve di castagne; la valle è verdeggiante e vi si fa anco gran copia di carciofi e di cardoni".

Analoghi richiami alle produzioni dei campi e alla fertilità della terra presenta Camillo Eucherio De Quintiis nel suo poema latino Inarime seu de balneis Pithecusarum (1726); l'autore, infatti, dopo aver ampiamente elogiato la bontà dei vini ischitani, prosegue:

   Ma non soltanto devoti al pampineo Lieo,
   d'Inarime con benevola ubertà della fertilissima gleba
   prosperano i campi; qui, emula, Pomona deliziosi frutti
   appresta ed appaga le tante speranze del cupido
   agricoltore, quando i pomi mette nei capaci canestri.
   Questa produce, sia che Ariete con le sue corna dorate
   l'anno segni, sia che dissecchi e bruci col calore i campi
   Sirio, sia che Scorpione tenga via di Erigone le calure,
   irridendo l'inverno che persiste e l'estate che indugia.
   Qui, le foglie mai perdendo, del color dell'oro coperti offre
   i frutti il limone, che la dolce Galatea a piene mani
   raccoglie e birichina cerca di colpire l'incauto Dafni.
   La terra stessa, solcata dal laborioso giovenco,
   lussureggia ed elargisce dal suo sen opime messi,
   feconda nella sua crescita; infatti nella piena abbondanza
   Copia fausta splende ed esulta per la fruttifera ricchezza.

Il De Quinzi in un passo di presentazione al lettore racconta di essere stato molto criticato, quando l'opera si trovava ancora in fase di stampa, per aver scritto che in Aenaria cresce il frumento, cosa secondo alcuni inesatta per la mancanza di tracce di tale prodotto., e prosegue: "Sebbene ciò avessi trovato riportato più volte da Iasolino e da Strabone, poco mancò che, correggendo me stesso, provvedessi ad una nuova edizione dell'opera. E certamente l'avrei fatto, se, data l'esperienza, l'editore ben informato e gli stessi indigeni non avessero allontanato il dubbio. L'isola pur al presente è ferace di frumento, però gli agricoltori curano poco questa semina, per non rinunciare, occupando il suolo per il frumento, all'abbondanza del vino da cui gli abitanti ricavano grande ricchezza"!.L'isola nel suo contesto territoriale, per quanto concerne la distribuzione della vegetazione, offre due facce: 1) una è quella rivolta al sud, dove a causa dell'eccessiva esposizione ai raggi solari viene consumata in poco tempo con l'evaporazione l'acqua penetrata nel suolo: qui la vegetazione è rappresentata quasi esclusivamente da elementi erbacei, fatta eccezione per alcune agavi e cactacee; solamente in alcune cave, come la Cavascura, si nota la macchia mediterranea, perché esse, dette calanchi, sono logicamente più fresche; 2) l'altra esposta a Nord si trova al riparo dell'Epomeo e, data l'inclinazione del terreno, viene colpita quasi tangenzialmente dal sole estivo e conserva perciò più a lungo l'acqua penetrata in profondità con le piogge invernali: qui è presente una ricca vegetazione formata da castagneti e da boschi tipici della macchia mediterranea.
Chi vuole rendersi conto del patrimonio di verde che ancora l'isola conserva, pur dopo anni di espansione edilizia e di spazi occupati per nuove strutture di strade e di parcheggi, ha tanti sentieri da percorrere: i turisti per esempio amano girovagare alla scoperta di queste zone, spesso sperdendosi per la mancanza di indicazioni e di riferimenti specifici. Se è vero che molto verde è scomparso, bisogna pur dire che manca una vera cultura in proposito, in quanto nessuna iniziativa politica tende a valorizzare opportunamente queste risorse, facendone un motivo di richiamo turistico e creando dei veri e propri percorsi sia in loco che in prospetti illustrativi. Ma prima ancora questo patrimonio andrebbe fatto oggetto di continue attenzioni e cure per quanto concerne la regolare manutenzione e pulizia
.

La letteratura che ha rivolto e sta riprendendo a volgere il suo interesse a tale settore non è di poco conto, anche se si tratta oggi di iniziative che non trovano il dovuto riscontro sul piano generale e programmatico, sicché esse finiscono col renderne partecipi soltanto pochi cultori e appassionati. Per quanto riguarda gli ultimi tempi non possiamo non indicare l'opera del Can. Francesco Iovene: Flora e fauna nel dialetto ischitano, del 1964; nel 1980 il Comune d'Ischia dava alle stampe un lavoro di Cenatiempo, Morelli, Sollino, dal titolo Le Pinete d'Ischia, ponendosi, come scriveva il sindaco Mazzella, l'obiettivo della difesa e della conservazione della natura; sull'argomento della pineta d'Ischia c'era già stato un opuscolo nel 1952 curato dal dott. Vito Di Pinto, estratto da Agricoltura Napoletana.
Interessanti e molto curati nei loro particolari sono oggi alcuni testi del botanico prof. Giuseppe Sollino, riguardanti le erbe e le piante dell'isola d'Ischia; un suo lavoro rimasto inedito ed in bozza di stampa è quello che illustrava le piante di Villa Arbusto, che avrebbe dovuto essere edito dall'allora Amministrazione comunale e di cui non sarebbe cattiva idea riconsiderare una revisione ed una successiva pubblicazione, oggi che il complesso ha finalmente ospitato il Museo Archeologico ed è molto frequentato.
Ricordiamo che anche il prof. Rodrigo Iacono della Scuola Media Statale di Forio ha fatto varie escursioni con i suoi alunni nelle zone più caratteristiche per la vegetazione, scattando oltre cinquanta diapositive delle piante nei loro ambienti naturali: ad ognuna poi è stata unita una breve illustrazione. Il tutto potrebbe essere oggetto di una specifica pubblicazione con foto a colori ad opera del Distretto scolastico e facendone destinatarie proprio le scuole. Il lavoro nella sua completezza fu anche presentato a suo tempo in alcune scuole del continente come argomento di aggiornamento.

Tornando al passato, il d'Ascia nella sua Storia dell'isola d'Ischia (1860) così scrive: "Sarebbe cosa più che difficile, se si volesse passare a rassegna, e fare uno esatto catalogo di tutte l'erbe, le piante, gli alberi, che nascono, vegetano, si nutrono, crescono, si moltiplicano, muoiono e ripullulano nelle due terze parti di quest'isola. Nelle due terze parti, perché queste sono coltivate, mentre un terzo è negato ancora alla produzione, sì per causa de' massi vulcanici che l'ingombrano, e degli strati aridi, sì per le spiagge sabbiose che l'isola circondano". Ricorda ancora il d'Ascia, sulla scorta di quanto dice il De Rivaz, che varie piante botaniche ed erbe esotiche nascono spontanee, tanto che nel 1803 furono scoverte dal prof. De Napoli il felce a lunghe foglie (Pteris longifolia) ed il carpo a fascetta (Carpus polystachyus), rinvenuto presso a' fumajuoli del Frasso e del Cacciutto. Inoltre il Tenore trovava per primo sulla superficie delle lave dell'Epomeo, la parmelia roccella, pianta preziosa per il suo color di porpora sopraffina.
Precedentemente l'Anonimo Oltramontano, autore di un'opera sull'isola d'Ischia (Tableau topographique des isles d'Ischia.....), aveva notato in crescita sull'isola una quantità di piante "già ornamento de' giardini d'Europa". L'autore si sofferma in varie pagine sull'argomento, con particolare riguardo ai vini di qualità esportati un po' dovunque. Inoltre precisa che "la seta d'Ischia è superiore a quella di Calabria; la produzione però non va oltre le necessità locali, come quella del cotone (gossypium herbaceum), migliore di quello che forniscono i dintorni di Torre dell'Annunziata". Grande pregio dell'isola ("un vasto vigneto"), dopo il vino, sono i frutti e particolarmente i fichi, che costituiscono l'alimento quasi esclusivo delle classi povere per molti mesi dell'anno, e di cui si sofferma a descrivere i particolari della raccolta e della provvigione per l'inverno, citando le famose "chioppe". La vegetazione in generale è rigogliosa, considerata la natura del terreno.
"Gli agrumi, cioè limoni e aranci, sono in piccola quantità a Ischia, ma il frutto raggiunge quella perfezione che hanno tutti i prodotti dell'isola. Gli agrumi sono poco sensibili al freddo, ed in effetti i loro frutti maturano nel cuore dell'inverno; ma il vento è estremamente nocivo. Perciò limoni e aranci si trovano meglio in massa che isolati. Si distinguono tuttavia aranci dolci e amari. I primi, chiamati a Napoli Portogalli, sono più piacevoli dei secondi, noti sotto il nome di Cetrangoli o Aranci Questi ultimi provengono da una pianta selvaggia che nel Regno di Napoli cresce facilmente dovunque e che, sola o in gruppo, supera i pericoli del tempo e la violenza del vento. Si trovano soprattutto in campagna o nei pressi delle abitazioni. Il limone o l'albero che porta i limoni di Valenza (valenziana, limone di pane) ed anche quello comune, sono assai rari a Ischia, ma si trovano, in qualche cava non esposta ai venti e in giardini circondati da alti muri, piantagioni di limoni di Spagna. I frutti, chiamati Limoncelli sono piccoli ma aromatici e piedi di sugo. Si raccolgono in novembre e dicembre, quando sono ancora verdi, poiché si sa che si conservano meglio e danno più sugo di quando sono lasciati maturare sull'albero. Ogni inverno si esporta una cinquantina di casse di Limoncello e molte tonnellate di sugo di limone, che è molto più forte di quello di Sicilia. Gli aranci amari, di cui si trova qualche piantagione nell'isola d'Ischia, trovano grande commercio a Napoli, dove se ne consuma molto per gelati e marmellate".
Ottimi frutti sono anche i granati. Pochi sono i meli, ma abbondano peri di molte specie, tra cui uno o due veramente deliziosi e migliori di quelli del continente; ed è la stessa cosa per peschi, albicocchi, prugni e ciliegi.
Un albero assai raro, che si incontra qua e là sull'isola, è il lazzeruolo (crataegus oxiacantha): ve ne sono di due specie. Il sorbo orna i viali delle case rurali.
Il corbezzolo (arbutus unedo) cresce spontaneamente; il frutto, chiamato sorbo peloso e corbezzolo, passa nel maturare attraverso tutte le sfumature di verde, di giallo e di rosso sino allo scarlatto. L'albero si trova, nel suo stato selvaggio o piantato, in vari angoli dell'isola, ma non si fa gran caso ai frutti, per lo più mangiati dalla gente povera.
Il castagno cresce bene in terreni vulcanici; e l'isola ne è ben ricca, soprattutto sul declivio orientale dell'Epomeo: alcuni sono lasciati crescere per ricavarne frutti, ma altri sono tagliati ogni otto anni.
Ci si chiede spesso perché gli Ischioti non si applichino alla cultura degli olivi, albero già ben introdotto sull'isola: se ne trovano presso le abitazioni, per utilizzarne quanto basta per la cucina e la tavola. In alcuni luoghi si hanno piccoli oliveti, che danno un buon risultato e dimostrano che a Ischia si potrebbe ottenere un olio eccellente, paragonabile a quello di Capri e Sorrento.
Le opere più ampie e specifiche dell'argomento sono senz'altro quelle di De Rivaz, di cui parla Paolo Buchner in una breve biografia del medico francese, e di Giovanni Gussone, scritta all'epoca del re borbonico Ferdinando II, cui è dedicata.

Ecco quanto scrive P. Buchner : "Chevalley fu anche un solerte botanico. La Biblioteca dell'Istituto di Botanica dell'Università di Roma possiede infatti un manoscritto intitolato Flora pithecusana ossia catalogo alfabetico delle piante vascolari dell'isola d'Ischia, 1834. Questo elenco comprende non meno di 623 specie. L'opera non è mai stata pubblicata.

Giovanni Gussone scrisse in latino la Enumeratio plantarum vascularium in insula Inarime sponte provenientium vel oeconomico usu passim cultarum, 1854.

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